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Crisi Cipro piano austerity

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 La strada è stata breve: dalla Grecia la parte più dura della crisi finanziaria si è estesa a Cipro. E l’isola non ha potuto far altro che varare una finanziaria durissima, al fine di rispettare i voleri della troika, che nel corso del prossimo mese di gennaio deciderà se erogare o meno i 18 miliardi di euro di aiuti richiesti dalla nazione. Standard & Poor’s intanto taglia il rating di Nicosia a un non certo invidiabile CCC+: cosa accadrà all’isola nel 2013?

Il provvedimento varato dal parlamento cipriota “prevede” – ricordava il quotidiano La Repubblica lo scorso fine settimane – “nuove tasse e un giro di vite sulla spesa pubblica per risanare le casse dello stato. “Nicosia è in condizioni molto peggiori della Grecia” ha ammesso il presidente dell’Eurogruppo Jean Claude Juncker. Il sistema bancario, legato a filo doppio con quello di Atene, ha bisogno di 10 miliardi di ricapitalizzazione mentre il fabbisogno per far fronte agli oneri del debito è vicino agli 8 miliardi. Il caso Cipro sarà sul tavolo del primo summit Ue di gennaio e l’ipotesi è di staccare un assegno di 18 miliardi (più o meno il Pil del paese) per tenerlo a galla” (vedi anche Pre-accordo riduzione debito Grecia).

Evidente la pressione esercitata da un terzo della troika, il Fondo Monetario Internazionale, che desidererebbe ridurre fortemente il debito cipriota. “Ma la UE” – precisa ancora il quotidiano -“al momento, fa orecchie da mercante. “Non è un’ipotesi in discussione” ha detto Joerg Asmussen, membro del comitato esecutivo della Bce aggiungendo che i dati definitivi sul ‘buco’ nel sistema bancario cipriota saranno disponibili solo in gennaio” (vedi anche Default Grecia più lontano).

Intanto, l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha ridotto ulteriormente il giudizio di Cipro portandolo da B a CCC+. L’outlook è però – come era lecito attendersi – evidentemente negativo, ritenendo come il default del debito cipriota non sia certamente una utopia, ma una ipotesi tutt’altro che improbabile. Il downgrade riflette di conseguenza, si legge in una nota, “il deterioramento della situazione dopo l’ultimo downgarde del 17 ottobre scorso, con l’intensificarsi delle pressioni finanziarie e dell’incertezza”, anche perchè “le opzioni di finanziamento del governo sempre più limitate e per l’esitazione dei partner dell’area euro a condividere i costi di una severa crisi bancaria”.