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Francia taglia spesa pubblica

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 La crisi attanaglia sempre più i bilanci pubblici francesi. La dimostrazione è data dalle nuove mosse del governo transalpino, che sta riducendo fortemente la spesa al fine di raggiungere gli obiettivi di disavanzo dell’Unione europea. Il risultato è una riduzione degli oneri per difesa, istruzione e ricerca, e una pressione fiscale maggiore. Il tutto, mentre Parigi sta entrando in una fase di estrema difficoltà, tanto da allarmare analisti di tutto il mondo su cosa potrebbe accadere se le criticità diventassero insopportabili.

Ad accorgersi delle difficoltà francesi è stata anche Bruxelles, che di fatti ha ridotto le proprie previsioni di crescita per la Francia, nel 2013, allo 0,1 per cento, contro lo 0,8 per cento stimato – ottimisticamente – dagli stessi francesi. Una attestazione di difficoltà che sembra aver sdoganato le impressioni negative sul futuro transalpino, con Markit che ha stimato un calo della manifattura e dei servizi al 42,3, in una scala di valori in cui qualsiasi numero sotto soglia 50 indica una contrazione. Markit ha anche stimato che il Paese potrebbe presto entrare in una spirale recessiva di grande pericolosità (vedi anche Tassa sui ricchi Francia).

Il Telegraph ricordava in proposito come la stampa francese stia analizzando con enorme preoccupazione i messaggi dall’esterno. Le Monde ricordava ad esempio, con significativo patema, come Bruxelles abbia previsto un deficit di bilancio del 3,6 per cento del prodotto interno lordo per quest’anno, per un livello più basso rispetto agli standard mondiali, ma 60 basis points maggiore dell’obiettivo Ue.

Proprio lo sforamento del target comunitario è diventato principale punto di scontro tra Parigi e Berlino. La Germania non vorrebbe che la Francia rompesse i ranghi (anche perché legittimerebbe una nuova fase delle negoziazioni comunitarie), ma Parigi sembra essere impossibilitata a fare altrimenti. Anche perché, commentavano dalla Gran Bretagna, Hollande ha già precisato che non vuol far cadere il proprio Paese in un clima di austerity: una richiesta implicita di “più tempo”? (vedi anche Giudizi Ocse su banche Francia e Germania)