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Fed, Bessent chiede taglio tassi di 150 punti

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Non c’è pace per la Fed. L’ultima richiesta fatta alla banca centrale, proveniente dal segretario del Tesoro Scott Bessent, è un taglio di circa 150-175 punti base il più presto possibile.

Fed fortemente sotto pressione

Al netto dello stupore che può cogliere guardando all’economia statunitense e a come viene gestita, essenzialmente non ci si aspetta che, in base ai dati attuali, si possano fare richieste di questo genere. Eppure il ministro del Tesoro non ha avuto problemi, parlando con Bloomberg Surveillance, a chiedere alla Fed un taglio così estremo.

Va dato atto che il segretario del Tesoro abbia fatto una richiesta esplicita in merito al raggiungimento di un certo livello. Fino a ora, Jerome Powell aveva semplicemente subito pressioni incredibili da parte di Donald Trump in merito all’abbassamento del costo del denaro.

L’economia spicciola vuole che vi sia una politica monetaria severa davanti a un’inflazione alta. Il fatto che questa sia a luglio salita meno delle attese nonostante i dazi ha portato la frangia più “dura” nei confronti della Fed a fare richieste forse un po’ troppo esplicite. Ovviamente il segretario del Tesoro non ha richiesto un taglio complessivo in una sola occasione. Ma sostiene che si potrebbe iniziare con un taglio di 50 punti base a settembre.

Secondo l’esperto, se la Fed avesse avuto in mano al momento della decisione i numeri rivisti sul mercato del lavoro, avrebbe preso una decisione differente. Parliamo ovviamente della correzione al ribasso del numero degli occupati a maggio e giugno da parte del Bureau of Labor Statistics. Il Tesoro non la vede come un problema, sostenendo che altrettanti tagli sarebbero potuti avvenire sia a giugno che a luglio.

Cosa accadrà nei prossimi mesi

Va detto che la creatività è diventata la peculiarità principale dell’economia statunitense. E anche che la Fed sembra rimasta l’unico baluardo a iniziare strategie basandosi sui dati. Il licenziamento di Jerome Powell, al quale si era pensato, è stato accantonato per non disturbare i mercati, ma va ricordato che a breve scadrà anche il mandato di quest’ultimo.

E la situazione non promette benissimo al momento. Soprattutto dato l’alto numero di candidati, non tutti perfettamente in linea con una posizione oggettiva a livello politico-finanziario. In particolare, si pensa a quei nomi che provengono da realtà private, che potrebbero favorire alcune strategie piuttosto che altre rispetto a chi del board della Fed ha fatto parte a prescindere dalla posizione politica.

Senza dubbio sarà qualcosa che scopriremo ben presto. E che, già dal prossimo anno, potrebbe fare la differenza per quel che concerne l’economia statunitense e la sua tenuta.