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Le performance negative della rupia indiana

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 Se si volesse stilare una classifica delle peggiori monete per quel che riguarda le performance degli ultimi trenta giorni, lo scettro spetterebbe di sicuro alla rupia indiana: in effetti, la valuta asiatica in questione ha perso moltissimo terreno nei confronti del dollaro, con una caduta caratterizzata dal passaggio da 52,88 a 55,16 livelli nel giro di un mese per l’appunto. Il declino può dunque essere quantificato in 4,2 punti percentuali. Che cosa sta succedendo all’unità monetaria di uno dei principali mercati emergenti a livello internazionale? Entrando maggiormente nel dettaglio, giusto tre settimane fa per la rupia indiana si prospettavano rialzi moderati, ma non si è tenuto conto di altri fattori molto importanti.

Ad esempio, sono i dati più recenti relativi alle esportazioni, alle importazioni, alla bilancia dei pagamenti e al deficit di bilancio che hanno determinato la situazione che si sta descrivendo, senza dimenticare l’andamento intermittente dei mercati azionari. Tra l’altro, il deprezzamento della rupia ha coinvolto anche altre divise continentali, in primis lo yen giapponese e il dollaro di Singapore, oltre al ringgit malese. Dall’altro lato, invece, ci sta pensando lo yuan cinese a guidare gli apprezzamenti, con un +0,45% rispetto alla moneta verde, seguito a ruota al dollaro australiano (+0,37% nello stesso periodo temporale).

Qualche segnale non proprio incoraggiante, comunque, si era già notato a metà ottobre, visto che in quel frangente la rupia guidò la caduta delle valute asiatiche, una performance che è andata peggiorando in maniera progressiva. Le recenti preoccupazioni in merito all’economia americana (il fiscal cliff è uno dei timori che ancora non si riesce a spazzare via) hanno favorito senza dubbio l’ingigantimento del caso rupia: gli analisti finanziari, infine, sono riusciti a scorgere perfino un aumento delle attività speculative da questo punto di vista, con gli hedge fund che hanno intaccato la solidità di questa moneta asiatica, la quale, tra le altre cose, non è neanche pienamente convertibile.