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Ripresa economica Italia nel 2015

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 Intervenendo all’assemblea generale della Compagnia delle Opere, il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, si è detto particolarmente scettico sulle speranze di ripresa dell’economia italiana già a metà del prossimo 2013. “Mi sembra più che altro un wishful thinking” – ha affermato il numero 1 degli industriali, ribadendo poi che “stando alle analisi del Centro Studi di Confindustria noi prevediamo per l’anno prossimo un ulteriore calo del Pil dello 0,6% (…) Ci aspettiamo anche un cambiamento di segno verso la fine dell’anno” ma la “vera ripresa, dal mio punto di vista, la vedremo solo nel 2015”. 

Stabilita tale premessa, il numero 1 di Confindustria si dice d’accordo con il ministro sulla necessità di ridurre le spese prima di tagliare le tasse, auspicando un prolungamento (ma solo ancora “per un po’”) della politica del rigore.

“Per la crescita” – spiega Squinzi rivolgendosi direttamente al governo – “è essenziale un contesto favorevole all’impresa, in modo particolare alle Pmi”. A tal fine, prosegue, “la madre di ogni riforma è la semplificazione burocratico-amministrativa: le nostre imprese in questi anni si sono profondamente trasformate, hanno fatto efficienza, si sono internazionalizzate. Possiamo dire lo stesso degli apparati pubblici?”

Sulla detassazione delle tredicesime Squinzi precisa inoltre che “se fosse possibile direi che è una buona idea. Non so quali siano i vincoli di bilancio, comunque è chiaro che andiamo verso un fine anno particolarmente gelido in termini di consumi. Non dimentichiamo che a dicembre c’è tutta una serie di scadenze fiscali, in particolare l’Imu, che incideranno pesantemente sul portafoglio degli italiani” (qui invece ci siamo occupati della crisi UE).

A parlare dinanzi all’assemblea è anche il presidente Cdo Scholz, che indica gli obiettivi richiesti alle parti politiche: “abbattimento degli ostacoli strutturali” per favorire la crescita, “una riduzione sensibile del peso fiscale per le famiglie e le imprese, secondo il principio meno sovvenzioni, meno imposte” e, infine, una seria riforma del welfare per “superare la dicotomia pubblico-privato» e una riforma del sistema scolastico, con un «vero riconoscimento delle paritarie”.