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Mario Monti salverà l’Italia?

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 La riforma delle pensioni, i tagli della spesa pubblica, la reintroduzione della tassa sulla prima casa abolita nel 2008, il pagamento di varie tasse (combustibili, beni di lusso, attività detenute all’estero …). La cura, la terza in sei mesi, mira a ridurre il deficit di circa 20 miliardi di euro. Lo scopo è quello di raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013. E, soprattutto, “rassicurare i mercati”. Speculazione o reale preoccupazione di fronte a un enorme debito che ammonta a 1.900 miliardi di euro, pari al 120% del PIL, i tassi d’interesse a dieci anni sono schizzati a quasi il 7% questo autunno. Insostenibile per la terza più grande economia della zona euro e per l’euro.

L’esito delle ultime aste obbligazionarie del 2011 è stato, nel complesso, è da considerare positivo: i tassi di interesse sono in effetti scesi, cosa che è in parte riuscita a rassicurare Mario Monti, che ha giudicato i risultati “piuttosto incoraggianti”. Ma è stato lo stesso premier ad avvertire che le turbolenze finanziarie non sono ancora terminate. Il tempo incalza e lo stato di grazia di cui gode l’eminente professore di economia, percepito come un “salvatore che deve fare il lavoro sporco” non può durare per sempre.

Il margine di manovra è infatti stretto tra il rischio di offendere questo o quel partito, questo o quel sindacato, questa o quella categoria (farmacisti, taxisti …) e quello di vedere crescere il malcontento sociale. Uniti per la prima volta in sei anni contro un piano considerato iniquo, i tre principali sindacati (CGIL, CISL e UIL) si sono già mobilitati nel settore privato e pubblico. E avvertono: “La partita non è finita”. Soprattutto in quanto si profila una riforma del mercato del lavoro che promette di essere particolarmente calda.

Mentre la disoccupazione si avvicina a quota 9%, Super Mario deve trovare il modo per rilanciare la crescita, atona ormai da quindici anni. Il pacchetto anticrisi prevede già più di 10 miliardi di euro di agevolazioni fiscali, soprattutto per le imprese che assumono. Ma ha promesso nuove misure, mentre i suoi ministri stanno lavorando in materia di liberalizzazioni e semplificazione delle procedure amministrative.

Non è chiaro che questo possa ritenersi sufficiente per arginare la spirale recessiva di austerità. Promettere un pareggio di bilancio per il 2013 è stato forse come tirarsi la zappa sui piedi. Era necessario “fare pulizia” e far tornare i conti, ma forse non così rapidamente e in una fase di recessione. Nel frattempo, il governo prevede una contrazione dello 0,4% del PIL quest’anno, dopo una flessione dello 0,2% nel terzo trimestre del 2011.

Ma forse è ancora possibile sperare, o almeno dimostrarsi fiduciosi. L’industria italiana rappresenta quasi il 30% del PIL. Il paese ha mantenuto una rete di PMI esportatrici, concentrate nel Nord, una delle regioni più industrializzate d’Europa. L’Italia si è concentrata su prodotti ad alto valore aggiunto: meccanica, macchine utensili, mobili, moda. Sa come adattare i propri prodotti alla domanda, sa essere creativa e pragmatica.
L’economia italiana non è morta. L’Italia non è la Grecia. La dolce vita non ha ancora detto la sua ultima parola.

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