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Previsioni oro a breve e medio termine

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 L’oro affascina ancora. Con il pretesto della crisi finanziaria del 2008, ha riacquistato il suo ruolo di rifugio, come dimostra il suo prezzo sestuplicato in dodici anni. Anche se i prezzi sono scesi di nuovo negli ultimi mesi, sembra rappresentare, in uno contesto di estrema incertezza, l’unica vera bussola per alcuni investitori.

La mania per l’oro si riflette nell’andamento del suo prezzo. Nn’oncia (31,1 g) del prezioso metallo è passata da 270 dollari nel 2000 a 400 dollari nel 2004, 600 dollari nel 2006, 870 dollari nel 2008 sino a volare oltre 1900 dollari nel settembre 2011 a New York. Recentemente, la febbre è leggermente diminuita, e il prezzo è tornato a circa 1600 dollari.

La crisi finanziaria ed economica è in effetii la ragione principale di questa impennata, cui può ricondursi una combinazione di diverse cause. Inizialmente, la domanda del prezioso metallo giallo si è gonfiata in virtù del suo status di “rifugio sicuro” e l’ascesa di nuovi clienti nei paesi emergenti ha contribuito ad alimentare la domanda in tutte le sue forme – gioielli e investimenti attraverso acquisto diretto, fisico o tramite i certificati di tipo ETF – unitamente all’interruzione delle vendite delle banche centrali europee.

CRISI FINANZIARIA IN PEGGIORAMENTO

Ma questo apprezzamento non è servito a placare il dibattito sullo stato reale dell’oro. Per alcuni esso rappresenta l’unico asset che realmente conta. Questo metallo, indistruttibile e facilmente fungibile, è raro e il suo status di metallo prezioso è destinato a giocare un ruolo di stabilizzatore, come ai tempi del gold standard, quando le monete si basavano sul loro valore in oro. Eviterebbe le bolle finanziarie, come quella dei subprime, o la deriva del debito sovrano e sarebbe altresì una copertura contro l’inflazione.

Tuttavia, a differenza del precedente boom registrato negli anni ‘70, direttamente correlato ad un rialzo dei prezzi che svalutava le monete, non c’è stata inflazione nel corso dell’ultimo decennio, almeno in senso stretto. Si è assistito piuttosto ad una inflazione degli assets (azioni, immobili, materie prime) .

John Maynard Keynes, uno dei più accesi detrattori dell’oro, considerava il metallo giallo un “barbara reliquia”, sottolineandone il ruolo irrazionale che svolge in una economia industriale sviluppata. Il famoso Premio Nobel per l’economia lo considerava un freno alla crescita economica.

Il miliardario americano Warren Buffett, soprannominato l’ “Oracolo di Omaha “, ha manifestato i suoi dubbi sullo status dell’oro. Agli occhi del famoso, quanto controverso personaggio, l’oro rimane un investimento che esprime il senso della profezia che si autoavvera: i compratori convinti dei suoi benefici fanno salire i prezzi, il che giustifica la necessità di acquistarne. Per Warren Buffett, questo comportamento è qualcosa di irrazionale, l’oro è visto come un antidoto alla paura degli investitori. E la paura è cattiva consigliera in questo settore.

Un altro aspetto da considerare è il valore patrimoniale delle riserve. Gli Stati Uniti possiedono 8133,5 tonnellate di oro custodite a Fort Knox, esattamente il 75,3% delle riserve del paese, secondo l’ultimo conteggio del WGC. Nelle casse delle banche centrali, sono stooccate 31282,6 tonnellate d’oro. Le istituzioni, come il Fondo monetario internazionale (FMI), così come le banche centrali delle economie emergenti, sono passati all’acquisto.

L’oro non sfugge all’influenza della Cina. Dopo esserne diventato il più grande produttore nel 2007 – detronizzando, dopo 101 anni di supremazia, il Sud Africa costretto a fronte a un notevole impoverimento – la Repubblica popolare dovrebbe surclassare quest’anno lo stato dell’India, quale acquirente leader a livello mondiale .

La domanda è aumentata del 20% nel 2011 e dovrebbe crescere ad un tasso annuo del 10%. Nel 2011, i cinesi hanno acquistato 258,9 tonnellate d’oro, o il 38% in più rispetto al 2010. E il trend non si sta indebolendo, con 98,6 tonnellate acquistate per il primo trimestre 2012, ovvero il 13% in più  rispetto allo stesso periodo del 2011. In Cina, gli acquisti sono motivati ​​dal desiderio di proteggersi contro l’inflazione e dall’’offerta ridotta di risparmio.

Soprattutto, il mercato dell’oro ha goduto di una certa liberalizzazione dal 2010, consentendo ai cinesi di comprare oro direttamente e alle banche di importarne direttamente. Senza considerare il miglioramento del potere d’acquisto. In dieci anni, il volume delle estrazioni è aumentato del 70% a quasi 341 tonnellate nel 2010. Ma il boom ha ridotto le opportunità locali e i  minatori cinesi si stanno rivolgendo ad altri paesi.

La forte attrazione per l’oro da parte delle banche centrali è, paradossalmente, sintomo di una sfiducia rispetto alla politica monetaria condotta da queste istituzioni, nel tentativo di rilanciare la crescita in tempi di crisi. Aspettarsi un ritorno al periodo d’oro del “gold standard”, abbandonato nel 1971 dagli Stati Uniti? Difficile crederlo. Alla fine della crisi finanziaria, e di quella dell’euro, il dollaro resta il riferimento, anche se l’insegnamento del decennio passato è che lo sviluppo del corso l’oro è fondamentalmente legato alla creazione di moneta.