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BCE: Draghi è Super Mario. Ma serve ancora uno sforzo

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 Mario Draghi, il nuovo presidente della Banca centrale europea (BCE) ha portato, Giovedì 3 novembre, un piccolo regalo al vertice del G20 di Cannes. L’ex governatore della Banca d’Italia, che ha appena assunto l’incarico succedendo a Jean Claude Trichet, ha inaugurato il suo mandato a Francoforte adottando una decisione di buon senso, ma altrettanto inattesa. All’unanimità, il Consiglio direttivo della BCE ha deciso di ridurre di 25 punti i tassi di interesse, che sono così passati dall’ 1,5% all’ 1,25% .

Questo taglio dei tassi è nella direzione voluta dai leader del G20, i cui paesi rappresentano quasi l’ 85% della ricchezza mondiale. Nonostante la lieta novella, continuano ad essere preoccupati. La saga greca maschera il vero problema: la prospettiva di una quasi-recessione nel 2012. L’umore e l’atmosfera sulla Croisette non erano certo gli stessi che si respirano durante il Festival del Cinema, e poco si addicevano a un luogo dove si celebrano ogni primavera i fasti della Settima arte. Al contrario, il morale era piuttosto basso.

Le previsioni – quelle del Fondo Monetario Internazionale (FMI), della Banca Mondiale e dell’ OCSE – annunciano un 2012 piuttosto difficile: 1% di crescita nel migliore dei casi nella zona euro e situazione appena migliore per gli Stati Uniti. E, di riflesso, le potenti locomotive che sono le nuove economie emergenti, Cina e Brasile in particolare, sono a corto di carburante. In breve, ciò che incombre sempre più prepotentemente come una minaccia, non è l’inflazione, ma la lentezza. Questo è particolarmente vero nei diciassette paesi della zona euro. L’Ufficio Internazionale del Lavoro ha annunciato un tasso di disoccupazione record nell’ unione monetaria – 10,2% nel mese di settembre – e la possibilità di gravi disordini sociali.

I piani di risanamento delle finanze pubbliche che sono stati implementati sono giustificati dall’entità del debito sovrano accumulato. Ma al tempo stesso, minano le prospettive di un vero e proprio rilancio della crescita. Fanno precipitare le entrate fiscali e, contestualmente, non facilitano il consolidamento delle finanze pubbliche. E’ necessario trovare un cocktail di politica congiunturale più intelligente. Se l’arma del bilancio è limitata, a causa del debito, deve essere utilizzata quella della moneta. A tal proposito, quando si guardano i tassi praticati negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Svizzera e in Giappone – tra lo 0% e meno dell’1% – è lecito pensare che Draghi avrebbe potuto fare di più, e azzardare una mossa più “italiana”.

Draghi si è mantenuto fedele ad una certa tradizione di cautela, la stessa che ha caratterizzato il pensiero e l’azione del suo predecessore, Jean-Claude Trichet, il quale l’ha evidentemente lascita in eredità al “Nostro”. Draghi ha annunciato che si atterrà alla più ortodossa interpretazione del suo mandato. E’ fuori questione che la BCE possa fare come la Federal Reserve o la Banca d’Inghilterra, che comprano direttamente il debito emesso dai rispettivi governi – politica di facilitazione monetaria che è considerata un abominio inflazionistico a Francoforte. Ma che mantiene il mercato sotto controllo. Draghi dovrebbe affrontare questa realtà, per farla breve, rimanere italiano ancora un po’. Il taglio dei tassi è stato un gesto “elegante”, un primo passo, ma Super Mario Draghi avrebbe potuto essere più generoso.

Per Draghi non sarà una passeggiata. Come tutti sappiamo, la zona euro è di fronte ad un peggioramento della crisi del debito e non dimentichiamo la crescente spaccatura all’interno della BCE – soprattutto quando si tratta di acquisti di titoli di paesi sovraindebitati – che potrebbe ulteriormente complicare le cose. Con due falchi in meno nel direttivo – Axel Weber e  Jϋrgen Stark si sono dimessi quest’anno  per “divergenze di vedute” –  Draghi potrebbe trovare altri membri più inclini ad allentare la politica monetaria e ad acquistare bonds dalle nazioni PIIGS. Ma potrebbe non essergli di aiuto la crescente pressione europea nei confronti dell’ Italia, che è in realtà uno dei PIIGS. La Germania si oppone fortemente a ulteriori salvataggi e il “caso italiano” potrebbe rendere Draghi, qualora fosse costretto ad agire in soccorso del (suo) Bel Paese, molto impopolare tra i tedeschi. Questo potrebbe complicare la già difficile gestione della crisi della zona euro.

5 Commenti

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