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ETF, l’importanza degli Smart beta

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In Italia il patrimonio degli Etf, Exchange traded fund, sta evidenziando una rapida crescita che non ha accennato a flessioni neanche durante il forte periodo di crisi finanziaria del 2008-2009.

Per numero è stata superata quota 850, mentre in termini di masse investite si parla di una cifra pari a 33 miliardi di euro. Si registra, dunque, un aumento del 40% in confronto al 2013. Tra settembre ed ottobre sono arrivati due nuovi player a quotare prodotti sull’Italia. Si tratta di Sg Etc e Source, rispettivamente di nazionalità francese e statunitense. Una delle caratteristiche più intriganti dell’industria degli Etf è il tentativo, ben riuscito, di proporre nuove tipologie di prodotti in base alle aspettative di mercato.

Un filone che va forte è quello degli Etf di natura Smart beta, o Alternative beta. Essi consentono agli investitori di puntare sul mercato azionario mondiale ma con una dose di rischio assai inferiore rispetto ai classici Etf azionari.

Il maggior controllo del rischio appare molto utile soprattutto durante le fasi di turbolenza dei mercati, quando questo tipo di Etf offre rendimenti più robusti in confronto ai classici fondi indice. Al contrario, durante i periodi di borsa in rapida crescita, questa forma di investimento offre mediamente rendimenti minori in confronto agli indici azionari.

In altri termini, si tratta di una forma di investimento azionario che consente di ridurre drasticamente gli eccessi, consentendo di puntare sul mercato azionario globale con una dose di rischio sensibilmente inferiore alla norma.

Per definire gli Etf, l’ingegneria finanziaria è centrale. Se i classici indici azionari si basano sulla capitalizzazione di borsa delle azioni, negli Smart beta Etf i singoli titoli che compongono il fondo indice (così come i loro pesi) provengono da elaborazioni più complesse.