Home Economia L’Islanda e il dilemma dei controlli sulla corona

L’Islanda e il dilemma dei controlli sulla corona

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 L’Islanda ha completato la sua indagine sulla frode finanziaria che ha condotto l’isola scandinava al collasso nel 2008: l’ente regolatore ha lanciato un allarme relativo al sistema bancario nazionale, ritenuto fin troppo debole per sopravvivere a una corona fluttuante. La supervisione ha concluso l’investigazione dopo ben quattro anni, anche perché sono stati presi in considerazione ben 205 casi di pratiche finanziarie errate, 103 delle quali si riferiscono alle indagini penali. Le sanzioni sono state imposte in quattro casi soltanto.

Il governo di Reykjavik ha imposto delle restrizioni alla valuta dopo che le sue tre banche più grandi sono finite in bancarotta cinque anni fa, con un default da ben ottantacinque miliardi di dollari. I fallimenti a catena sono stati la causa scatenante della svendita di corone islandesi, tanto che la moneta in questione si è svalutata di ben l’80% rispetto all’euro (vedi anche L’Islanda prorogherà ancora i controlli valutari). I controlli in questione hanno riguardato soprattutto quegli investitori finanziari che detenevano assets in corona per un valore di otto miliardi di dollari. Nel caso questo monitoraggio dovesse essere interrotto, allora i due principali problemi sarebbero rappresentati dal sistema bancario e dal tasso di cambio di tale divisa.

La stessa banca centrale ha potuto contare su un successo limitato per quel che concerne la riduzione delle corone in circolazione, in particolare se si tiene conto delle aste concluse finora. Le intenzioni attuali sono quelle di esercitare una forte pressione sulla moneta nordica, magari con l’offerta di benefici finanziari e l’opzione di reinvestire le holding. I controlli di cui si sta parlando potrebbero essere rimossi a partire dal 2015, ma ogni obiettivo sarà ovviamente collegato alla situazione economica del momento. Neanche il Fondo Monetario Internazionale si è detto così sicuro per quel che riguarda una soluzione del genere, tenendo anche conto del fatto che la nazione ha avviato nel 2010 le trattative per entrare a far parte dell’Unione Europea.