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La BCE diventerà la FED?

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 Mentre la crisi del debito continua a pieno ritmo, al punto che ancora non si intravede la fine del tunnel, alcuni osservatori e paesi come la Francia e l’Irlanda, seguitano a vedere la Banca centrale europea (BCE) come la cura miracolosa per i mali della zona euro. Chiedono un intervento più deciso da parte del garante della politica monetaria, simile a quello della U. S. Federal Reserve e della Bank of England. Il che equivarrebbe ad assumere il ruolo di prestatore di ultima istanza.

Per una banca centrale, questo significa un impegno esplicito ad acquistare titoli di Stato senza limiti di tempo o di quantità, e con un target annunciato in anticipo. Ciò è quanto hanno fatto la FED e la Banca d’Inghilterra dall’inizio della crisi: il cosiddetto “quantitative easing”. I mercati non hanno dunque alcuna ombra di dubbio sul fatto che Ben Bernanke e Mervyn King continueranno a fare in modo che, qualunque sia l’offerta, vi sia sempre una domanda sufficiente di buoni del Tesoro. Questo non è il caso della zona euro dove, al contrario, gli investitori non possono essere certi che la BCE risponderà all’appello, nel caso in cui uno Stato non sarà in grado di ripagare i propri debiti.La banca centrale ha affrontato i problemi di liquidità delle banche e dei governi della zona euro, che non possono più fare affidamento sui mercati per rifinanziarsi. E così  a metà dicembre, ha concesso quasi 500 miliardi di euro in prestiti alle istituzioni finanziarie, accettando quale contropartita una gamma di asset sempre più ampia (di qualità inferiore). A seguito di una decisione del 14 maggio 2010, la banca centrale è intervenuta più volte sui mercati secondari per comprare il debito dei paesi della zona euro i cui rendimenti a lungo termine sono aumentati vertiginosamente. Ma l’SMP (Securities Markets Programme) non è né eterno né illimitato, come ha ricordato per l’ennesima volta il governatore della BCE, Mario Draghi, in un’intervista al Financial Times a metà dicembre.

La BCE potrebbe agire come la Fed e la Banca d’Inghilterra? In altre parole, fare il “quantitative easing” su una scala più ampia? Un semplice annuncio, secondo molti osservatori, sarebbe sufficiente a rassicurare i mercati e scoraggiare la speculazione, tale per cui la BCE non avrebbe nemmeno bisogno di entrare in azione. Ma la Banca centrale europea non è la Banca d’Inghilterra, e, soprattutto, non è la FED.

Inoltre, non va sottovalutata la posizione della Germania. Il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, hanno chiaramente espresso la loro opposizione ad una azione decisiva da parte della banca centrale per arginare la crisi del debito: impegnarsi in acquisti di obbligazioni illimitati semplicemente non fa parte del suo mandato. La riluttanza tedesca è dovuta anche alla sua ossessione per l’inflazione. Il paese è stato fortemente influenzato dalla sua esperienza della iperinflazione (dal 1922 al 1924), che ha fatto fondere i risparmi e sconvolto i calcoli degli esportatori. Acquistare grandi quantità di debito sovrano a lungo termine è un mezzo per ridurre i tassi di prestito, cosa che normalmente dovrebbe rilanciare gli investimenti e i consumi, e quindi generare un aumento dei prezzi. Ma ora il rischio è piuttosto quello di una deflazione in quanto la zona euro potrebbe vivere una nuova recessione nel 2012. E a ciò si aggiunga che banche preferiscono parcheggiare il denaro preso in prestito dalla BCE presso la stessa Banca centrale, piuttosto che concedere prestiti ad aziende e privati.

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