Home Mercati Emergenti La rielezione di Obama favorisce le valute asiatiche

La rielezione di Obama favorisce le valute asiatiche

0

 La seconda elezione di Barack Obama come presidente degli Stati Uniti (elezioni Usa 2012 Barack Obama rieletto presidente) ha senza dubbio favorito le performance settimanali delle più importanti valute asiatiche: in particolare, l’aumento dell’offerta di dollari che possono essere investiti nei mercati emergenti è una realtà di fatto e solamente la rupia indiana è stata protagonista di un calo. D’altronde, già in tempi non sospetti si era detto che si sarebbe trattato a breve di una settimana di rialzi per le valute asiatiche. I fondi globali hanno provveduto a immettere circa 240 milioni di dollari nei titoli azionari di Taiwan e Filippine questa settimana.

Un buon rialzo è stato sicuramente quello dello yuan, giunto ormai alla sua quattordicesima settimana consecutiva di incremento, la serie positiva più lunga dal marzo del 2008, favorita dal rallentamento dell’inflazione e dalle nuove misure di stimolo economico. Cerchiamo dunque di capire quali sono state le performance più interessanti per quel che riguarda tali monete. Anzitutto, il dollaro di Taiwan ha fatto registrare un rialzo dello 0,5% questa settimana, giungendo a quota 29,510 nei confronti della moneta verde. L’aumento settimanale del baht thailandese, del won sudcoreano e del peso filippino, poi, è stato praticamente lo stesso e quantificabile in 0,3 punti percentuali.

L’indice Asia-Dollar che viene gestito in maniera congiunta da Bloomberg e JPMorgan, poi, si è contraddistinto per un +0,1% negli ultimi giorni. Un caso molto interessante è quello del peso filippino. In effetti, quest’ultimo è stato scambiato a livelli alti come non si vedevano da quattro anni: è notizia recente l’emissione obbligazionaria decennale da parte del paese asiatico. Si è fatto cenno in precedenza anche all’unica nota poco lieta in questo senso. Si tratta della rupia indiana, risultata in calo di 1,2 punti percentuali a causa dei timori per i possibili aumenti delle tasse e per un ipotetico rallentamento da parte delle economie globali.